Sette anni in Tibet (1997)
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Sette anni in Tibet (1997)
Sette anni in Tibet (1997)
Austria, 1939.
Heinrich Harrer (Brad Pitt) è un giovane e arrogante scalatore di montagne, membro del Partito Nazionalsocialista, scelto dal governo del Terzo Reich per scalare le montagne dell’Himalaya, raggiungendo il misterioso Nanga Parbat, la nona vetta più alta del mondo, dove altre quattro spedizioni tedesche hanno fallito dopo la perdita di undici membri. Il giorno della partenza, l’alpinista ha un litigio furioso con la moglie Ingrid, incinta e prossima al parto, la quale preferirebbe che lui non partisse. Heinrich parte ugualmente, lasciando Ingrid alle cure di Horst Immendorf, un amico di famiglia, e si unisce al gruppo di Peter Aufschnaiter.
Durante la scalata, un viaggio di ben ottomila metri, non ha solita disinvoltura che lo contraddistingue, tanto che cade inavvertitamente perdendo un rampone e ferendosi a un piede. Dopo essere stati costretti a ritirarsi a causa delle valanghe di neve, Heinrich, Peter e il resto del gruppo vengono arrestati dal presidio dell’Impero britannico in India in quanto cittadini del Terzo Reich: in Europa è iniziata la guerra e tra il governo di Londra e quello di Berlino si sono accese le ostilità. Gli scalatori vengono imprigionati in un campo di detenzione britannico, il Dehra Dun P.O.W. Camp, dove Heinrich riceve per corrispondenza la richiesta del divorzio dalla moglie, che vorrebbe sposare Horst, e la conferma che suo figlio, Rolf, è nato.
Durante i tre anni che seguono, Heinrich tenta ripetutamente la fuga, ma i britannici lo arrestano sempre in anticipo, raddoppiando la guardia e lo stato di allerta. Nel settembre 1942, però si unisce a Peter e ai compagni, che hanno pianificato l’evasione travestendosi da soldati, e finalmente riesce a scappare. Dopo l’evasione, però, si separa, volendo raggiungere il Tibet. Dopo essersi riunito a Peter, che disapprova i suoi metodi sprezzanti e la sua dichiarata mancanza si principi, Heinrich raggiunge il confine con il Tibet, il più alto e isolato Paese del mondo, nonostante l’ostinata diffidenza del popolo tibetano. I monaci del villaggio di frontiera che raggiungono spiegano i motivi di una così elevata diffidenza: Sua Santità il Grande Tredicesimo Dalai Lama, prima di morire, aveva previsto che un giorno gli stranieri avrebbero invaso il Paese e dato inizio a un’ era di morte e distruzione, bandendo i monaci e proibendo l’ antica e radicata tradizione buddhista.
Sfuggiti nuovamente alle autorità che vorrebbero rimandarli in India, Heinrich e Peter raggiungono di nascosto la Città Santa e Proibita di Lhasa, casa dei Dalai Lama, vietata da sempre agli stranieri, dove vengono ospitati da Tsarong, un tempo ministro della difesa del governo del Tredicesimo Dalai Lama, e aiutati da Ngawang Jigme, un giovane segretario ambizioso al servizio del Reggente e del governo del giovane Quattordicesimo Dalai Lama, il bambino Tenzin Gyatso.
Heinrich trova un lavoro come geometra, mentre il suo amico sposa una tibetana, Pema Lhaki. Un brutto giorno del maggio 1945, però, riceve una lettera del figlio Rolf, che lo invita a non scrivere più, sostenendo di non essere suo figlio, ma figlio di Horst. Subito dopo viene convocato dalla madre del Dalai Lama, molto riverita dai tibetani, la quale lo conduce al palazzo del Potala, residenza del giovane figlio, che gli richiede la costruzione di un cinema. Tra i due inizia così un rapporto molto profondo di affetto. Heinrich gli insegna l’inglese e lo affaccia alla conoscenza dell’Occidente, mentre il giovane Tenzin Gyatso gli svela i più remoti segreti della civiltà del Tibet, a lungo rimasta ignota al mondo intero.
Un giorno i cinesi, da poco unitisi nella Repubblica Popolare Cinese del signore della guerra Mao Zedong dichiarano l’intenzione di annettere il Tibet al loro Stato, ma il Reggente non riconosce la sovranità dei cinesi sul Tibet, pertanto incarica Tsarong di riorganizzare l’esercito. Heinrich e Peter sono coinvolti, su richiesta del Reggente, in aiuto di Tsarong, ma le possibilità di respingere l’invasione sono scarsissime. Il governo di Lhasa tenta quindi di negoziare, ma i generali cinesi, guidati da Chang Jing Wu, rimangono delusi dall’incontro con il giovane Dalai Lama, e lasciano il Tibet sostenendo che la religione sia veleno.
Ngawang Jigme, divenuto ministro e governatore di Chamdo, ha il compito di respingere i cinesi, ma al termine della battaglia, un trionfo entusiasmante per i cinesi, abbandona il campo e dichiara la resa, giungendo a un accordo con i cinesi. I tibetani sono disperati, perché se a Chamdo non si fosse giunti alla resa per ordine di Nagwang si sarebbe potuto fare moltissimo per frenare l’invasione cinese.
Heinrich si riunisce al Dalai Lama per l’ultima volta. Il giovane respinge l’ipotesi di partire per l’India, come precauzione, e lo invita a rimanere fino al giorno della sua incoronazione, convincendolo poi a tornare in Austria dal figlio Rolf.
Anni dopo, ricongiuntosi con il figlio, ritorna sul confine del Tibet scalandone le montagne, ricordando con malinconia il lungo periodo trascorso nel Paese delle Nevi.
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Austria, 1939.
Heinrich Harrer (Brad Pitt) è un giovane e arrogante scalatore di montagne, membro del Partito Nazionalsocialista, scelto dal governo del Terzo Reich per scalare le montagne dell’Himalaya, raggiungendo il misterioso Nanga Parbat, la nona vetta più alta del mondo, dove altre quattro spedizioni tedesche hanno fallito dopo la perdita di undici membri. Il giorno della partenza, l’alpinista ha un litigio furioso con la moglie Ingrid, incinta e prossima al parto, la quale preferirebbe che lui non partisse. Heinrich parte ugualmente, lasciando Ingrid alle cure di Horst Immendorf, un amico di famiglia, e si unisce al gruppo di Peter Aufschnaiter.
Durante la scalata, un viaggio di ben ottomila metri, non ha solita disinvoltura che lo contraddistingue, tanto che cade inavvertitamente perdendo un rampone e ferendosi a un piede. Dopo essere stati costretti a ritirarsi a causa delle valanghe di neve, Heinrich, Peter e il resto del gruppo vengono arrestati dal presidio dell’Impero britannico in India in quanto cittadini del Terzo Reich: in Europa è iniziata la guerra e tra il governo di Londra e quello di Berlino si sono accese le ostilità. Gli scalatori vengono imprigionati in un campo di detenzione britannico, il Dehra Dun P.O.W. Camp, dove Heinrich riceve per corrispondenza la richiesta del divorzio dalla moglie, che vorrebbe sposare Horst, e la conferma che suo figlio, Rolf, è nato.
Durante i tre anni che seguono, Heinrich tenta ripetutamente la fuga, ma i britannici lo arrestano sempre in anticipo, raddoppiando la guardia e lo stato di allerta. Nel settembre 1942, però si unisce a Peter e ai compagni, che hanno pianificato l’evasione travestendosi da soldati, e finalmente riesce a scappare. Dopo l’evasione, però, si separa, volendo raggiungere il Tibet. Dopo essersi riunito a Peter, che disapprova i suoi metodi sprezzanti e la sua dichiarata mancanza si principi, Heinrich raggiunge il confine con il Tibet, il più alto e isolato Paese del mondo, nonostante l’ostinata diffidenza del popolo tibetano. I monaci del villaggio di frontiera che raggiungono spiegano i motivi di una così elevata diffidenza: Sua Santità il Grande Tredicesimo Dalai Lama, prima di morire, aveva previsto che un giorno gli stranieri avrebbero invaso il Paese e dato inizio a un’ era di morte e distruzione, bandendo i monaci e proibendo l’ antica e radicata tradizione buddhista.
Sfuggiti nuovamente alle autorità che vorrebbero rimandarli in India, Heinrich e Peter raggiungono di nascosto la Città Santa e Proibita di Lhasa, casa dei Dalai Lama, vietata da sempre agli stranieri, dove vengono ospitati da Tsarong, un tempo ministro della difesa del governo del Tredicesimo Dalai Lama, e aiutati da Ngawang Jigme, un giovane segretario ambizioso al servizio del Reggente e del governo del giovane Quattordicesimo Dalai Lama, il bambino Tenzin Gyatso.
Heinrich trova un lavoro come geometra, mentre il suo amico sposa una tibetana, Pema Lhaki. Un brutto giorno del maggio 1945, però, riceve una lettera del figlio Rolf, che lo invita a non scrivere più, sostenendo di non essere suo figlio, ma figlio di Horst. Subito dopo viene convocato dalla madre del Dalai Lama, molto riverita dai tibetani, la quale lo conduce al palazzo del Potala, residenza del giovane figlio, che gli richiede la costruzione di un cinema. Tra i due inizia così un rapporto molto profondo di affetto. Heinrich gli insegna l’inglese e lo affaccia alla conoscenza dell’Occidente, mentre il giovane Tenzin Gyatso gli svela i più remoti segreti della civiltà del Tibet, a lungo rimasta ignota al mondo intero.
Un giorno i cinesi, da poco unitisi nella Repubblica Popolare Cinese del signore della guerra Mao Zedong dichiarano l’intenzione di annettere il Tibet al loro Stato, ma il Reggente non riconosce la sovranità dei cinesi sul Tibet, pertanto incarica Tsarong di riorganizzare l’esercito. Heinrich e Peter sono coinvolti, su richiesta del Reggente, in aiuto di Tsarong, ma le possibilità di respingere l’invasione sono scarsissime. Il governo di Lhasa tenta quindi di negoziare, ma i generali cinesi, guidati da Chang Jing Wu, rimangono delusi dall’incontro con il giovane Dalai Lama, e lasciano il Tibet sostenendo che la religione sia veleno.
Ngawang Jigme, divenuto ministro e governatore di Chamdo, ha il compito di respingere i cinesi, ma al termine della battaglia, un trionfo entusiasmante per i cinesi, abbandona il campo e dichiara la resa, giungendo a un accordo con i cinesi. I tibetani sono disperati, perché se a Chamdo non si fosse giunti alla resa per ordine di Nagwang si sarebbe potuto fare moltissimo per frenare l’invasione cinese.
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